“Ci venne offerto allora un piccolo appartamento a piazza Cappuccini. Il primo focolare? Noi non lo sapevamo, ma era proprio così.
Con la guerra e le sue conseguenze scomparivano quelle cose o persone che formavano un po’ l’ideale di noi giovani… lo studio, …una famiglia, …la propria casa... La lezione che Dio ci offriva era chiara: tutto passa, tutto è vanità delle vanità.
Contemporaneamente lo Spirito Santo metteva nel mio cuore, per tutte, una domanda: ci sarà un ideale che nessuna bomba può far crollare, a cui dare tutte noi stesse? Sì, è stata la risposta, c’è. È Dio. Dio che lì, in mezzo alla guerra, frutto dell’odio, ci è apparso più che mai per quello che è: amore. Dio amore. E abbiamo deciso di far di lui l’ideale della nostra vita...
Ogni qual volta suona la sirena dell’allarme aereo possiamo portare nel rifugio, praticato in un terreno non lontano dalla chiesa dei Cappuccini, soltanto un piccolo libro: il vangelo. Eravamo certe che lì avremmo trovato il modo di essere anche noi amore. Lo apriamo e quelle parole, pur già conosciute, per effetto del nuovo carisma s’illuminano come se sotto s’accendesse una luce, ci infiammano il cuore e siamo spinte a metterle subito in pratica. Leggo per tutte: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,19). Il prossimo. Dov’era il prossimo? Era lì, vicino a noi, in tutte quelle persone colpite dalla guerra, ferite, senza vestito, senza casa, affamate e assetate. E immediatamente ci dedichiamo a loro”.
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