Radici di una storia
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Chiara ed un esiguo gruppo di ragazze avvicinano i poveri dei più poveri rioni di Trento: danno tutto ciò che hanno e ricevono beni da ogni parte. Danno di nuovo e ricevono ancora di più. “Qualunque cosa hai fatto al minimo…”[1]. Hanno un programma preciso per la loro città: risolvere il problema sociale.
Nei rifugi portano solo il piccolo libro del Vangelo: quelle parole si illuminano e infiammano i loro cuori. Durante un allarme in una cantina, al lume di candela, aprono il Vangelo: “Che tutti siano uno”[3]. Questa pagina difficile e forte diviene la magna charta del movimento nascente. L'unità della famiglia umana. L'ideale per cui spendere la vita. Dopo pochi mesi sono già 500. In città si parla di focolari, per il "fuoco d'amore evangelico" che dà vita a una comunità che condivide tutto, come erano quelle dei primi cristiani. Comprendono anche che sulla croce Gesù prende su di sé dolori, divisioni, drammi, guerre, solitudini… Lo scelgono in questo suo abbandono. Non sono spaventate da tutte le lacerazioni dell’umanità. Sono attirate ad amarle perché in esse, dovunque, scoprono il volto di Gesù Abbandonato. In quell’amore senza misura di un Dio vi è il segreto per ricomporre ogni disunità, rimarginare ogni ferita.
Nell’estate ’49 si ritrovano nella Valle di Primiero. Chiara ed il primo gruppo di Trento si presentano al vescovo, Carlo De Ferrari. Egli ascolta e afferma: “Qui c’è il dito di Dio”. E’ la prima approvazione che accelera la loro corsa. In oltre 68 anni il Movimento ha legato milioni di persone dal Nord al Sud del mondo, dall’Est all’Ovest. Donne e uomini di tutte le età, delle più diverse condizioni sociali, religioni e culture, che impegnano se stessi per contribuire in vario modo a realizzare l’unità e la fraternità universale.
[1]Mt 25,40 |
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