«Di zia Chiara mi è rimasto soprattutto il suo incoraggiamento a lottare contro ogni forma di discriminazione».
Così esordisce Susanna Berlanda nel ricordare la zia materna Chiara Lubich - fondatrice del movimento dei Focolari, saggista e docente - in occasione del centenario dalla sua nascita, riprendendo una delle sue frasi più note: «Possiamo dire che l' amore non conosce alcuna forma di discriminazione».
Fraternità universale, dialogo ecumenico e umanesimo planetario: questi alcuni dei pilastri del pensiero della Lubich, il cui centenario che partirà da Trento il prossimo 7 Dicembre, inaugurerà una mostra internazionale visitabile durante tutto il 2020 titolata «Chiara Lubich città mondo», promossa dalla Fondazione Museo storico del Trentino, con il patrocinio della Provincia autonoma di Trento. L' iniziativa dovrebbe portare a Trento nel 2020 circa 30.000 visitatori provenienti da tutto il mondo, oltre ad alcune rappresentanze istituzionali, come il Capo dello Stato Sergio Mattarella, come annunciato dal presidente del comitato organizzatore del centenario, Paolo Crepaz.
«In realtà - continua Susanna - Chiara Lubich per noi era una zia normale, che si interessava ai nipoti con l' affetto e l' attenzione di una zia.
Ci chiedeva come andavamo a scuola, si informava delle cose di tutti i giorni, non ci parlava quasi mai dei suoi progetti e programmi più speciali». Di questi ultimi, infatti, i nipoti hanno imparato a conoscerne il senso profondo solo molto più avanti con il tempo, quando la zia era già morta. «Prima di allora, le nostre erano solo intuizioni da bambini. A me succedeva questo: avevo circa 7 anni, con mia sorella partecipavo alle fiere Mariapoli, gli incontri che i focolarini facevano nel Primero e ci radunavamo tutti lassù, vivendo in un clima di vacanza dello spirito. Mi ricordo le gite, i momenti di ricreazione, di gioco, oltretutto non c' erano smartphone, né computer, né tv, eravamo tutti giovani, la zia Chiara aveva appena 35 anni, ma comunicava una grande energia d' amore e tutti erano lì per lei, per il suo carisma. Era un movimento nascente, c' era una carica particolare, mi ricordo che sembrava di essere in un' altra realtà, in paradiso, al punto che quando tornavo non riuscivo più a tornare alla vita normale, mi mancava quel posto e mi mancava zia Chiara».
Oltre a essere caratterizzata da grandi doti intellettuali e spirituali, Chiara Lubich nel ricordo di Susanna era una grande innovatrice, sia nella sfera pubblica, come è noto, ma anche in famiglia, nella sfera privata. «Aveva inventato un decalogo del gioco per noi nipoti e se seguivamo alla lettera le sue regole, in effetti i conflitti venivano azzerati. E poi ci aveva dato un consiglio da seguire con le nostre insegnanti: ci diceva sempre di guardarle negli occhi quando spiegavano, di 'fare unità' con loro, di farle sentire utili».
Nel racconto della nipote Susanna emerge una Chiara Lubich al contempo straordinaria e normale, consueta e innovativa: una «maestra di vita» e allo stesso tempo una zia con cui si scherzava. «Per mia mamma, zia Chiara era una sorella, certo una sorella speciale, ma pur sempre una sorella e quando le dicevano che era stata scelta dallo spirito santo per realizzare una missione speciale nel mondo e che magari l' avrebbero fatta santa, la mamma sorridendo esclamava: Ci vuole ben altro per essere santi!».
Eppure, la vita spirituale di Chiara Lubich non era votata alla contemplazione, ma all' azione, cioè a trasformare una società che «doveva rinascere dalle macerie della guerra» come dice Susanna, e che ha portato la Lubich ad essere Insignita del Premio Unesco per l' Educazione alla Pace (Parigi 1996), del Premio Diritti umani del Consiglio d' Europa (Strasburgo 1998) e a ricevere diciassette cittadinanze onorarie, tra le quali Roma, Firenze, Torino, Milano, Palermo, Buenos Aires e sedici lauree ad honorem da parte di università di quattro continenti.«In realtà ci rendiamo conto solo ora di chi fosse zia Chiara e di quante cose abbia fatto. Pioniera del dialogo interreligioso, ma anche donna, sorella, amica, compagna. È stata una fortuna averla avuta con noi. Tante volte le persone pensano che perché siamo parenti di Chiara Lubich dovremmo vivere di luce riflessa, ma in realtà ci riconosciamo nelle nostre miserie umane, nei nostri problemi, e non ci rimane che ringraziare zia Chiara perché continua ad ispirare milioni di persone, organizzazioni e movimenti con una spiritualità che parla a tutti».
Corriere del Trentino